In tema di c.d. stalking (art. 612 bis c.p.), la Suprema Corte ha recentemente affermato la non riconoscibilità delle circostanze attenuanti generiche – e, così, della relativa diminuzione di pena – in favore dell’imputata che, mossa dalla gelosia provocata dagli approcci tentati dalla vittima nei confronti della donna con lei unita civilmente, si sia ripetutamente rivolta ad ella, con numerosi messaggi WhatsApp, appellandola “puttana” o “lesbica”: infatti, trattandosi di epiteti che fanno esplicito riferimento, in termini fortemente dispregiativi, all’orientamento sessuale della vittima con l’evidente intenzione di colpirla nella sua identità di genere e/o a causa delle sue correlate scelte sessuali, giustificare la reazione dell’imputata, riconoscendole un trattamento sanzionatorio più mite, equivarrebbe a legittimare comportamenti che, in sé, integrano una vera e propria violenza di genere; e ciò, non c’è dubbio, tanto più se l’imputata, come nel caso in esame, abbia un orientamento sessuale analogo a quello della vittima, poiché in questo caso, ben conoscendo la sofferenza che può scaturire da discriminazioni di carattere seccuale, la sua condotta è connotata da un maggior disvalore sociale (Cass. pen., Sez. V, 4 agosto 2021, n. 30545).
Dopo aver conseguito la Laurea magistrale in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” nel 2012, l’avvocato Luca Lanzi ha svolto il biennio di praticantato in un prestigioso Studio legale della Capitale, superando l’esame per l’abilitazione all’esercizio della professione forense presso la Corte di Appello di Roma. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Roma dal 2015, a soli 27 anni ha iniziato a patrocinare in processi penali di sempre maggior caratura, nel Foro di Roma e su tutto il territorio nazionale.
Avv. Luca Lanzi
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